venerdì 20 novembre 2015

Changing of the guards!

Dici Bob Dylan e, oltre a pensare a un big della musica internazionale ormai da tre generazioni, in molti pensano all'impegno per i diritti, per la tolleranza, per la pace. Ai fiori nei cannoni, all'amore contro la guerra...
In realtà a chi va oltre il sentito dire e pensa un po' con la sua testa può venire il dubbio che non stia proprio così. Che magari certe sue canzoni, come "Blowing in the wind", siano diventate una delle bandiere di tanti pecoroni (pseudo)pacifisti-sessantottini-figlideifiori suo malgrado. O che, come succede più spesso di quanto si creda tra le star/simbolo, abbia cavalcato ben volentieri l'onda, sostenuto più dai conseguenti dischi d'oro che da principi di ferro.
Poi ti informi meglio e scopri che è proprio così. Non tanto perché lui a Woodstock nel  '69 rifiutò di andarci (bontà sua, del resto lì girarono molto più droghe e amori liberi che pacifismo), ma semplicemente perché è stato lui stesso a dichiararlo, in una intervista del 2001: " Io non sono un pacifista. Credo di non esserlo mai stato, sono profondamente convinto che sia diritto di tutti difendersi in tutti i modi necessari".
E allora nessuna sorpresa per la notizia di pochi giorni fa, della sua richiesta di 12 guardie armate al concerto di Bologna. Ma ben venga se servirà a qualcuno o a molti a pensare con la propria testa, prima di seguire la massa dietro cantanti, politici, sindacalisti o altri furbi portabandiera.
E come minimo, pensare a lui che canta nel palco la sua canzone che ho riportato nel titolo, fa sorridere... cosa che di questi tempi male non fa...