sabato 31 maggio 2014

Matematica stimolante 1

Primo post (e spero non unico, o dovrò togliere il numero dal titolo) di una serie che si occuperà di presentare curiosità, anneddoti, spiegazioni semplici e magari giochi e problemi divertenti riguardanti la matematica. Mi rendo conto che sia un po' lungo, ma è comunque di facile lettura.
Tutti, se ci soffermiamo a riflettere solo un po', realizziamo come la matematica con i suoi numeri e calcoli occupi quasi ogni momento della giornata, da quando appena svegli diamo un'occhiata all'orologio a quando pesiamo la pasta per pranzo per finire alla sera, quando prima di addormentarci riprendiamo in mano il libro che avevamo lasciato a pagina 32. Molto pochi sono invece coloro ai quali la matematica rimane, non dico simpatica, ma almeno digeribile. In effetti in buona parte è ostica se non riservata ai soli teorici matematici. Ma a volte si possono trovare anche spiegazioni semplici per concetti che diremmo solitamente difficili o incomprensibili.
Per iniziare riporto solo qualche curiosità sugli inizi di questa scienza che, fatte salve le prime conoscenze aritmetiche e geometriche documentate già nelle civiltà preelleniche (quindi prima del 300-400 a.C.) del medio oriente ed essenzialmente pratiche (perché legate al commercio, all'agrimensura ed alla navigazione) trova un primo vero studio proprio all'interno della civiltà greca.
Già dall'inizio, una volta fissate le cifre e il sistema di numerazione a base 10, si sentì l'esigenza di "macchine" che aiutassero a fare i calcoli. La prima di queste si può considerare l'abaco, che fin dai tempi più antichi, pensiamo alle civiltà cinesi,  mesopotamiche ed agli egizi, furono usati da scribi e contabili per i loro calcoli (addizioni e sottrazioni).
Tanto più che anticamente (ma fin nel Medioevo) le operazioni più elementari, che un qualsiasi bambino di oggi farebbe in pochi secondi, comportavano molti minuti di calcoli effettuati da specialisti! In pratica anche i più asini di oggi tanto tempo fa sarebbero stati considerati dei piccoli geni! Solo questo dovrebbe confortare molti! Possiamo smettere di dire "sono una schiappa in matematica", e asserire invece di essere ottimi contabili, sempre nel giusto, è casomai l'epoca ad essere quella sbagliata...
Ma perché.., i nostri avi erano forse cretini? Un po' più di oggi forse sì (almeno la massa), ma soprattutto non era stata ancora inventata la matematica come la conosciamo oggi, con le sue tabelline e le semplici regole di calcolo che usiamo tutti i giorni.
E non esistevano nell'occidente nemmeno i numeri arabi. Grande balzo in avanti fu fatto per l'appunto con l'introduzione delle cifre indoarabiche, nate in India nel VI secolo a.C. e trasmesseci dagli arabi. Con il sistema degli arabi furono possibili più agili calcoli specialmente per la moltiplicazione e la divisione. Si deve ad un italiano, Leonardo da Pisa (che forse qualcuno conoscerà meglio come "Fibonacci") il grandissimo merito di aver introdotto in Europa, nel 1200, tale sistema di calcolo. Chissà quale onori ebbe, viene da pensare. Ebbene...rischiò la vita! Infatti prima che il metodo riuscisse a prendere piede ci furono continui e accesi scontri tra gli "algoristi" (come furono chiamati Fibonacci e seguaci) e gli abacisti tradizionali. Non si trattava solo di vedersi rubare il lavoro di esperti di abaco; l'ostilità era anche più profonda e preoccupante: si riteneva che un metodo di calcolo così efficace, quasi magico,  potesse essere stato ispirato solo da satana, tanto più che veniva dagli infedeli arabi!
Non sorprenderà quindi che il libro con cui Fibonacci presentò i numeri dallo 0 al 9, e che sarà destinato a diventare il trattato di matematica più celebre del XIII secolo, si intitolasse "Liber abaci", proprio per cercare di non allarmare troppo i fedeli di quell'abaco che il libro stesso rendeva inutile.

Si può vedere bene rappresentata la dicotomia tra queste 2 scuole in un'incisione del 1503 che riporto a fianco. In essa una donna al centro, personificazione dell'aritmetica, modera il dibattito tra "abacisti" e "algoristi", dando ragione finalmente a questi ultimi, verso cui rivolge il suo sguardo.
Ma lo scetticismo non era ancora finito, in un'epoca in cui il sapere era in buona parte nelle mani di un clero profondamente radicato nella tradizione romana.

Papa Silvestro II e il Diavolo

Basti sapere che ancora più di un secolo dopo, nel 1684, il Papa Innocenzo XI in persona fece riesumare il corpo del monaco francese Gebert D'Aurillac che fu il primo, nel 999 (molto prima quindi di Fibonacci) ad introdurre in Europa le cifre indoarabe e a sostituire le varie sfere di una colonna dell'abaco in una sfera sola con il numero arabo corrispondente (innovazione che fu ridimensionata ben presto dagli abacisti, che usarono i numeri romani). 
E lo fece riesumare proprio per verificare se in esso rimanevano ancora i demoni che si diceva gli avessero ispirato la scienza numerica dei saraceni! Lo trovate esagerato?
Aspettate di sapere che il suddetto monaco era in realtà un altro Papa: Papa Silvestro II !!

venerdì 30 maggio 2014

Festa del papà

L'asilo di mia figlia quest'anno ha abolito la Festa del papà. E anche quella della mamma, così la parità dei sessi è salva.
E, al solito, io mi preoccupo. La mia preoccupazione è che sia un po' meno salvo il senso della famiglia; che l'esclusione di queste ricorrenze dal programma scolastico rispecchi l'assenza di una "educazione alla famiglia" che aiuti i bimbi a comprendere il ruolo e l'importanza del babbo e della mamma per la loro crescita.
Ciò sarebbe gravissimo, tanto più oggi che la realtà "famiglia" è così in crisi,  indebolita da minacce esterne (penso in primis all'attacco del mondo gender) e interne (infedeltà, crisi di coppia e divorzi).
Il mio dispiacere si è accresciuto nel vedere come la decisione delle maestre sia passata nell'indifferenza generale dei genitori, quasi fossi io uno dei pochi anormali paranoici.
Poi mi capita tra le mani il "Corriere della sera" del 18 marzo 2013, quindi di più di un anno fa. Tra gli interventi dei lettori c'è la lettera di una signora della mia età, vedova e madre di una bimba. Scrive perché è rimasta attonita e basita (parole sue) da un articolo apparso sullo stesso giornale il giorno prima, che riportava la notizia dell'abolizione della Festa del papà in un asilo romano. Motivazione: per sensibilità verso un bimbo di una coppia omosessuale!
Mi sembra opportuno riportare alcuni stralci della lettera:
Per me il 19 marzo è sempre stata una data un pò difficile... e quando mia figlia porta a casa i lavoretti per la festa di un papà che non ha...devo sempre dissimulare con sorrisi e soddisfazione per il lavoretto la disperazione che mi attanaglia. Non ho mai preteso, però, che all'asilo non festeggiassero questa festa, perché fa parte delle nostre tradizioni, del mio passato, e auspicherei, del futuro di mia figlia...
Premesso che non capisco come mai la delicatezza e la sensibilità accordata al figlio di una coppia omosessuale non siano mai state invocate per i bimbi orfani, trovo la decisione lesiva e discriminante per quei bimbi che invece un padre ce l'hanno, e dovrebbero poter avere il diritto di festeggiarlo...
Ma ritengo soprattutto che il voler privare gli altri, la maggioranza, di qualcosa solo perchè io, individuo, non la possiedo, sia una forma inaccettabile di intolleranza, l'affermazione di una diversità esibita e imposta, l'erezione di un muro altissimo che separa, rende ostili, e non include.

Parole che dimostrano una intelligenza e soprattutto una sensibilità purtroppo non comuni.
Qualora comuni lo diventassero avrei finito di preoccuparmi. 

sabato 24 maggio 2014

Fatali ricadute

Abbiamo molto riflettuto 6 mesi fa, prima di mettere Mario, nostro padre (che viveva solo) in casa di cura. Io e mia sorella lavoriamo entrambi a pieno ritmo e l'incipiente Alzheimer richiedeva al contrario un'assistenza continua, perché nei (rari inizialmente) momenti di completa perdita di lucidità, avrebbe potuto ferirsi, o perdersi. All'inizio ci siamo alternati ma poi con  il graduale peggioramento dei sintomi e con ferie e permessi lavorativi agli sgoccioli abbiamo dovuto scegliere. O una badante o una casa di cura. Abbiamo scelto la seconda opzione perché la spesa non era di molto maggiore e le garanzie per contro molto superiori.
In compenso abbiamo scelto la migliore di Milano, la Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Conoscono bene i malati di Alzheimer, li sanno gestire ed anche, per quanto possibile, curare.
E questo era molto importante per chi, come nostro padre, avesse ancora frequenti periodi di lucidità.
La scelta si è rivelata giusta, perché in tutti questi mesi Mario non è peggiorato così tanto come ci aspettavamo, tornando ad essere sovente l'uomo pieno di interessi di una volta, sempre appassionato di politica e di calcio.
E' per questo che abbiamo accolto con straordinario piacere la notizia che nientemeno che Silvio Berlusconi avrebbe prestato servizio proprio in quella clinica! Non abbiamo anticipato niente a nostro padre, nemmeno che il premier fosse stato condannato ai servizi sociali, volendogli lasciare intatta tutta la sorpresa dell'evento.
Quel giorno non lo scorderemo mai.
Il Cavaliere, con tanto di camice bianco e l'occorrente per lavare i pazienti, andò a trovare mio padre in uno dei tanti momenti in cui era pienamente lucido. Tutto è successo in un minuto, non dimenticheremo mai la faccia di Mario. 
E' stato l'ultimo istante in cui l'abbiamo visto  in sé.
Da allora si aggira per tutto il giorno chino, chiuso nel suo mondo irreale, gli occhi persi nel vuoto, bofonchiando frasi senza senso: "io... tutti ai miei piedi... padrone del  mondo...Silvio grattami la schiena"

Dicono che forse non si riprenderà più..

giovedì 22 maggio 2014

Chi (ci) guiderà?

Loro sono suoi ottimi amici. Bella gente che lo fa sentire come di famiglia, ospitandolo più volte anche a pranzo.
Come quel giorno.
E dopo pranzo ci sarebbe anche tempo per una chiacchierata ma lui è di altro avviso. Decide di fare una gita in auto verso una baita più a monte. E' dicembre e siamo in montagna, il rischio ghiaccio è sempre presente, ma non è forse l'occasione giusta per sfoggiare le qualità del suo fuoristrada di cui va tanto fiero? E magari anche per vantarsi della sua ottima capacità di guida? Loro forse tentennano, del resto sono una famiglia, hanno 2 bambini e di certo molto più senso di responsabilità di quello scapestratello. Ma quello scapestrato è bravo con le parole, ci sa fare, e allora magari ti butta là una battuta che stanno ancora ridendo,  mentre entrano nello Chevrolet K5 Blazer.
La stradina non asfaltata che sale sopra i 1400 metri è stretta e insidiosa, ogni tanto a fianco delle continue curve si intravedono profondi burroni, senza il conforto di un guardrail o almeno di una staccionata.
Sempre più spesso nei tratti ancora in ombra compaiono lastre traslucide sulla strada e ad un certo punto  incontrano anche un cartello che avverte di proseguire con molta attenzione per forte possibilità di formazioni di ghiaccio. Cautela spingerebbe a fare dietro front o perlomeno a scendere dall'auto e verificare a piedi la possibilità di proseguire o meno. Ma il baldo autista non fa nemmeno questo e chissà se i suoi passeggeri hanno già iniziato a preoccuparsi oppure no, se sono troppo gentili per insistere sul ritorno oppure sono troppo presi dai racconti a raffica dell'amico.

Ancora pochi metri e l'autista, molto sicuro del fatto suo a parole, inizia a sentir slittare posteriormente l'auto su un lastrone di ghiaccio.
L'autista, sedicente capace, non riesce a riprendere il controllo del fuoristrada che urta una roccia, si gira e inizia ad avvicinarsi sempre più al ciglio della strada.
L'autista, molto coraggioso verbalmente, viene invaso dal terrore come tutti i suoi passeggeri. Terrore che aumenta man mano che si avvicinano inesorabilmente al profondo burrone che costeggia la stradina in quel punto.
Sono lunghi attimi, tremendi. Istanti. Ma istanti che possono bastare per vedersi passare tutta la vita davanti. O per tentare un ultimo, disperato tentativo di controllo del mezzo. O per lanciare un ultimo sguardo ai suoi amici. Renzo e Rossana. Francesco, il loro figlioletto di 9 anni. Alberto, l'amico comune che si era aggiunto alla comitiva. Uno sguardo che nel terrore lasci spazio alla contrizione, all'estrema, muta richiesta di perdono.

Ma lui sceglie di usare quei momenti in altro modo. Apre lo sportello e si lancia all'esterno, condannando così a sicura morte i suoi "carissimi amici".
Da questo incidente, che è ritratto nella foto a fianco, si salvano solo due persone: Alberto, che viene sbalzato fuori durante la tremenda caduta e finisce in coma. E l'incosciente, incapace, vigliacco, falso "amico di famiglia", che se la cava con qualche banale contusione. Fisicamente incolume quindi. E quel che è peggio anche moralmente intonso, visto che né subito né mai chiederà perdono all'unica superstite, Cristina, di 7 anni,  che si salvò solo perché quel giorno insisté per rimanere a vedere un cartone a casa di un'amica.
Questo racconto purtroppo non è di fantasia, né la trama di un film drammatico. E' la realtà. Da allora sono passati più di trent'anni e Cristina, che dovette essere adottata, da quel tragico giorno non ha MAI ricevuto una visita, una lettera, una telefonata dal carnefice della sua famiglia. Non lo ha mai più incontrato. Nemmeno al funerale della sua famiglia!
Cristina stessa, in modo fin troppo civile, ha chiesto più di una volta di incontrarlo, per parlarci, ma non ha mai ricevuto risposta.

Il bastardo è Beppe Grillo.
Cristina ha vissuto tutti questi anni nella tristezza ma in profonda dignità, addirittura senza mai infamarlo né pubblicamente né privatamente. Mentre in TV già durante gli anni del processo lui era riapparso eccome, con la trasmissione "te lo do io il Brasile" e con mille altre apparizioni televisive, nelle quali non mancava di criticare chiunque per qualsiasi mancanza.
Una sola volta Cristina ha rilasciato un'intervista. Il giornale era Vanity Fair, il 6 febbraio 2013. Proprio sotto le elezioni. Chissà, magari improvvisamente a Grillo sarà venuta voglia d'incontrare la sopravvissuta, magari circondato da videocamere, proprio il 23 o 24 febbraio, o forse anche senza stare sotto i riflettori, così da poter poi  andare in giro a vantarsi di sapersi assumere le sue responsabilità ma senza secondi fini! 
No, non lo ha fatto nemmeno allora. Ha preferito continuare a girare per le piazze italiane gridando i suoi comizi.
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Dicendo che come si guida (una nazione)  lo sa solo lui...