martedì 25 marzo 2014

Temiam scherzo da preti - perché d'oziar smettiam


Ecco, come promesso, il profilo dell'autore della particolarissima preghiera riportata nel precedente post. Non meraviglierà che si tratti di un prete. Ma un prete molto particolare. Anzi, mi verrebbe da dire "un genio del linguaggio e delle lingue che incidentalmente, era anche prete".
Il ravennate Don Anacleto Bendazzi (1883-1982) è stato uno dei più incredibili  personaggi che mai si siano dedicati all'enigmistica.
Finissimo latinista e grecista, conoscitore di varie altre lingue, passò la sua lunghissima vita fra scuola e biblioteca, usando sovente  argomenti religiosi come tema per i suoi giochi letterari. Non ebbe mai incarichi pastorali perché ritenuto inadatto al rapporto con i fedeli, data la sua "eccentricità".
Basti dire questo: appena ordinato sacerdote fu destinato a fare il cappellano a Santerno, nei dintorni di Ravenna; ebbene, dopo aver ascoltato un po’ di confessioni durante la Settimana Santa, fu preso dal panico e scappò via, tornando a piedi a Ravenna.
Ma se questo non bastasse c'è dell'altro: soleva procedere con il suo sguardo svagato, perfino quando sfilava nelle solenni processioni. Aveva sempre in tasca mozziconi di matite e foglietti perché se un’idea gli passava per la testa, zac, la infilzava al volo e la appiccicava sulla carta.
Quando celebrava la messa, saltava sempre l’omelia (sob!); inoltre tutti i giorni, alla stessa ora e con lo stesso percorso, faceva la sua passeggiata, pagando, si dice, per avere la compagnia del suo unico amico don Terzo Benedetti, ma senza scambiare una parola!
Evidentemente era un tipo molto taciturno. Mi viene da pensare che amasse così tanto le parole (che studiava, soppesava, combinava, calibrava nella sua mente quando non lo faceva per scritto) da considerare uno spreco buttarle via quasi a caso, per nient'altro che parlare del più e del meno con qualcuno. Quasi le considerasse delle pietre preziose da valorizzare incastonandole una ad una, non già mostrandole a manciate.

Collezionò ed inventò migliaia di frasi anagrammate, linee bifronti, acrostici, frasi bilingui, bisticci, definizione argute, etimologie spiritose, frasi doppie, frasi sibilline, motti e stranezze ingegnose d'ogni genere in italiano, in latino e in altre lingue. "Bazzecole andanti" le definisce don Bendazzi, anagrammando il suo nome
Era anche riuscito a scrivere una "Vita di Cristo in mille anagrammi", composta appunto da mille versi ciascuno diviso in 2 parti, l'una anagramma dell'altra. Tanto per capire vi  si trovano chicche quali:
"mistica notte di Natale - atta a dolci sentimenti",
"il sermone de la montagna - l'insegnamento morale",
"Giuda Iscariota - dai guai a Cristo",
"ti dian incenso e gloria - di aneli cantio Signore!"
Il tutto raccolto nelle "Bizzarrie letterarie", un libro che lui stesso pubblicò il 15/1/51 (data non casualmente palindroma, ovvero identica anche letta al contrario; di più, se scritta nel formatoanche omogrammatica ovvero identica anche ruotata di 180°!).
Un altro dei suoi scherzi da prete.
Non potevo quindi non ispirarmi molto indegnamente a lui con il titolo anagrammato di questo post (e anche con il titolo del post precedente, "Preci serene" che è una sciarada tripla (Preci serene, Precise rene, P recise rene).

In questo suo amore fu coerente fino alla morte: morì infatti a 99 anni (numero palindromo), appena in tempo per evitare di diventare “un prete secolare” – condizione disdicevole per un ecclesiastico, sosteneva scherzando.
E sembra che come epitaffio per la propria tomba abbia richiesto la scritta: Putredine - di un prete / storico di - Cristo Dio. Queste due coppie di anagrammi non sono però il suo ultimo scherzo da prete.
Morì infatti il .   Proprio quello che avrebbe voluto: svanire in un omogramma...

lunedì 24 marzo 2014

Preci serene

Ho trovato una Salve Regina antica, diversa dal solito ma bella.
Leggetela, è anche relativamente facile da ricordarne un pò essendo in rima.

« Salve Regina ! Te saluto, o pia,
nostra tutela in tenebrosa via,
in sinistra terrifica procella
benigna stella.

Saluto te, Regina gloriosa,
arca divina, intemerata rosa;
te, bella oliva, Iris serena, pura,
nivea figura.

In sidereo fulgore veneranda,
in terreno dolore amica blanda,
salve, o Maria: te, speciosa, adoro,
te, cara, imploro.

Quando te non saluto, o nostra Vita,
gemo in amaritudine infinita;
in tranquilla quiete, te invocata,
vivo, o beata.

Quando miser vacillo in vento infido,
Regina generosa, in te confido;
in te confido in fausta, in dura sorte,
in vita, in morte.

Per te fugato perfido Serpente
in suo furore contra me stridente,
per te non raro a pugna acerba, quasi
in fine evasi.

Tu in futuro me salva: in gaudio vero,
o Regina, per te vivere spero;
in agone durissimo supremo
per te non tremo.

Scisso corporeo velo, a miserando
carcere me benefica levando,
in tuo regno beato me corona,
vigil patrona.

Spero cantare te, porta superna,
in altissima pace sempiterna,
in sempiterno vivido splendore,
in puro amore.

Salve, candida luna in tetra valle,
fulgida aurora in tenebroso calle;
serena, potentissima, divina,
salve, Regina!»


L'avete letta con attenzione? Bene, perché ha qualcosa di particolare: è forse la più lunga preghiera in latino che abbiate mai recitato!!!
Si, avete capito bene! E' scritta PROPRIO in latino, corretto e declinato. E il bello è che ha lo stesso significato che in italiano.

Usatela pure per rispondere a chi dice che il latino è una lingua morta. Per la lingua italiana il latino non è più morto e inutile di quanto per un uomo sia morto e inutile il ragazzo che fu....

Se ricapitate da queste parti tra poco saprete vita, morte e miracoli dell'autore di questa splendida creazione.

martedì 4 marzo 2014

Rewind to Remind, ovvero: riavvolgere per ricordare

Che cosa ci sono venuto a fare qui? Non è stato solo il mio pensiero alla (ri)apertura del presente blog ma è quello che troppo spesso mi capitava di pensare, anzi di dire ad alta voce tutte le volte che mi ritrovavo in una stanza senza ricordarmene il motivo.
Che cosa stavo cercando? Che cosa volevo prendere?
Potevo star lì minuti interi a spremermi le meningi ma, niente, non c'era verso di ricordarmelo. Il più delle volte quindi la resa era inevitabile, e me ne ritornavo mesto alle faccende a cui ero prima affaccendato. E lì spesso la scintilla: "certo, mi mancava questo!" , "ecco, sì, volevo fare quest'altro!".
Da qui l'illuminazione (ma mi sa più di scoperta dell'acqua calda, vabbé): perchè non tornare subito indietro, evitando perdite di tempo inutili e aspettare la scintilla? Il metodo si è rivelato infallibile, e il ricordo ritorna nello stesso momento in cui si torna a fare quello che facevamo prima dell'amnesia! Fin ora ha funzionato il 100% delle volte.
Misteri del cervello, ma nemmeno tanto.
Proverò infatti a spiegarne il motivo in una maniera molto terra-terra, quasi come la mia conoscenza in materia. La semplificazione più grande che farò è quella di considerare un'azione controllata da un solo neurone (cellula del tessuto nervoso), quando invece sono intere zone cerebrali ad entrare in gioco anche nelle cose più semplici che facciamo (quindi parliamo di decine o centinaia di milioni di neuroni).

Ebbene, cosa succede nel cervello ad esempio quando vogliamo incollare una foto in un album e ci accorgiamo che la colla è nello studio? Succede che il neurone attivo "incollare foto" (vedi l'immagine sottostante) invia un messaggio elettrico tramite uno  dei tantissimi ponti (100.000 per ogni neurone) al neurone "prendere la colla nello studio".

In blu: neurone "incollare foto"; in giallo: neurone "colla nello studio".
In fucsia: il ponte (assone) di collegamento tra i neuroni blu e giallo.
In verde: neurone "prezzo dei cetrioli assurdo"

Mi avvio quindi verso lo studio, ma intanto con la mente inizio a divagare, pensando a tutt'altro, magari al perché il prezzo dei cetrioli è salito così tanto. Può capitare però che il concetto "prezzo dei cetrioli assurdo" interessi un neurone  molto distante da quello "colla nello studio", e magari non ha nemmeno  ponti che lo raggiungano direttamente.
Allora quando arrivo nello studio (è già qualcosa...) ecco che non riesco più a ritrovare quei collegamenti, quei fili logici che mi riportino al cosa volevo fare. Da qui l'amnesia.
Ritornare a fare quello che facevamo prima rimette invece in gioco il neurone "incollare foto" e questo ci ricorderà subito che un suo ponte è ancora polarizzato, ovvero eccitato elettricamente dal neurotrasmettitore. Ed è il ponte che congiunge il neurone "colla nello studio". Da qui il ricordo.
Ecco perché a volte il ricordo torna anche mentre stiamo tornando indietro dallo studio, ben prima di riprendere la foto in mano; perché già la nostra mente, più veloce delle gambe, è tornata ad occuparsi di ciò che faceva prima. Ed ecco perché prima torniamo indietro e più immediato e sicuro è il ritorno del ricordo, essendo più "calda" la scintilla del neurotrasmettitore.
Evidente che nel caso citato il ricordo tornerà comunque anche dopo molto tempo, perché comunque la colla continuerà a mancare. Ma pensiamo a casi come "sto incollando una foto nell'album e mi vien voglia di telefonare alla tizia che appare sullo sfondo. Vado subito in sala dove è il telefono".

Quindi mi raccomando: REWIND to REMIND!


sabato 1 marzo 2014

Feccia di bronzo


uesta volta la scelta della foto è stata facile e veloce, non dovendone nemmeno ritoccare il colore per adattarla al titolo del post.
Evidentemente il soggetto, pur essendo il principale indagato in uno dei più importanti e clamorosi processi degli ultimi anni, ha trovato il tempo (e la faccia tosta) di spaparanzarsi in tutto relax al sole.
Già, la faccia tosta....
Cerchiamo di quantificarla.
Vediamo: sto immaginando che, io, guidando l'auto aziendale, non sia riuscito ad evitare una persona che ha attraversato di corsa e improvvisamente la strada fuori dalle strisce. L'auto è distrutta. Scendo a dare assistenza, ma il pedone è morto sul colpo. Io guidavo rispettando il codice, sobrio e lucido. Quindi so che non è colpa mia, è evidente. Ma mi sento lo stesso distrutto, ho pur sempre provocato la morte di un essere umano.
Con il tempo me ne farò una ragione, ma certo il giorno dopo non sarei nemmeno in grado di uscire di casa, tanto meno di esprimere pubblicamente il mio cordoglio (anzi più probabilmente non lo farò mai pubblicamente, ma in privato, con chi di dovere). Penso che queste reazioni siano quelle un po' di tutti, anche di quelli magari meno sensibili di me. Industriali e finanzieri (gente con  molto più pelo sullo stomaco di me) sono arrivati a suicidarsi in seguito a scandali e crack finanziari, quindi senza aver, almeno direttamente, ucciso nessuno.

  • schettino (il minuscolo è voluto) non ha distrutto un' auto ma una nave da 1 miliardo di euro (costo nave + rimozione).
  • schettino non è sceso per dare assistenza ma per non darla, e mettersi vigliaccamente in salvo.
  • schettino non ha provocato la morte di una persona ma di 32 (TRENTADUE), tra i quali una bambina di 6 anni. Trentadue persone che non sono morte sul colpo ma hanno visto la morte avvicinarsi a passi lenti, hanno vissuto l'incertezza della mancanza di notizie, poi il panico dell'evacuazione tanto tardiva quanto (conseguentemente) caotica, infine il terrore, che aumentava con l'accrescersi della consapevolezza che forse non ce l'avrebbero fatta.
    Alcuni addirittura sono morti proprio perché diligentemente si erano raccolti nell'area di emergenza, (come ti fanno fare nella esercitazione del primo giorno) che però si trovava nel lato poi sommerso...
    (Io sinceramente ci sto male al solo pensarci perché riesco ad immedesimarmi fin troppo bene, sia per carattere, sia perché in crociera ci sono stato e posso dare luoghi e momenti reali alla mia immedesimazione).
  • schettino, se è molto dubbio che fosse sobrio e lucido, di certo non rispettava la rotta nel momento dell'urto, perché fino a prova contraria gli scogli non si spostano.
  • schettino dall'urto in poi ha violato tutto quello che poteva violare in quanto a regolamenti della Marina, del Codice civile e penale e aggiungo io della umana morale e buon senso.

Ebbene, quest'uomo appena la mattina dopo la tragedia ha rilasciato un'intervista nella quale con voce mai rotta dall'emozione ci teneva a precisare che non era stata colpa sua, ma che quello scoglio li non doveva esserci...
Da allora ha continuato saldamente a ritenersi  vittima  (quando non addirittura eroe!!) più che carnefice.
Ormai ritenevo difficile che mi stupisse ulteriormente, fino a pochi giorni fa, quando vengo a sapere che si sarebbe recato  di sua volontà all'isola del Giglio per salire sulla nave per accertamenti. Già questo fatto disturba e rattrista, e viene naturale il pensare che lo fa con un po' troppo ritardo rispetto a quella notte del 13 gennaio 2012, quando gli fu vanamente intimato dal Comandante De Falco. Ma lui, manco a dirlo, è andato oltre. E' andato al Giglio un giorno prima, così, giusto per farsi vedere un po' in giro, per farsi una sosta in quegli stessi locali che avevano ospitato gli sconvolti sopravvissuti in quel maledetto giorno. Si è seduto e ha mangiato tranquillamente in un ristorante. La notte si è poi fatto una passeggiata ristoratrice lungo il molo. In tutto questo non ha mancato di farsi fotografare (forse dal suo degno avvocato)   appoggiato alla balaustra del molo,  mentre guarda (magari con orgoglio?) la sua nave.

Una volta pensavo che tutti in fondo avessimo una coscienza, a volte magari non l'ascoltiamo per un po', ma se facciamo attenzione è lì, a ricordarci ciò che è umanamente (ancor prima che cristianamente) giusto o sbagliato. Ma da tanto tempo mi sono purtroppo ricreduto, dovendo per forza di cose constatare che ci sono state e ci sono persone come questa, che perseverano costantemente e fortemente in posizioni amorali, senza pentimenti né dubbi né tantomeno vergogna, anzi convinti di agire per il bene.
Mi consolo solo pensando che alla maggior parte delle persone (non solo in Italia) schettino ha fatto e fa schifo ancor più che pena. Mi consolo pensando che altri in quella tragedia hanno fatto il loro dovere aiutando i passeggeri. Mi consolo pensando che anche i sommozzatori del recupero corpi, pur ben avvezzi al ritrovamento di cadaveri, hanno sofferto e forse pianto (il loro consumo di ossigeno in quei minuti è aumentato del 47%, un' esagerazione..) quando sul ponte 4 hanno trovato il corpicino di Dayana Arlotti, 6 anni, morta abbracciata stretta al suo babbo.

Mi consolo pensando che i parenti delle vittime sono persone forse ben più degne di me. Io se fossi stato in loro non so se sarei riuscito a frenare la mia rabbia  durante l'affronto della visita al Giglio del vile.

Un pensiero va alle vittime e, in quanto padre di una bambina di 4 anni, specialmente a te Dayana, dolce angelo...